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A sinistra Benjamin Bratt (il Colonnello Henry Mucci) e James Franco (Il capitano Prince)
A destra Il tenente colonnello Henry Mucci |
La
memoria della Seconda Guerra Mondiale appare sempre più labile: intere
generazioni in tutto il pianeta ormai hanno messo alle spalle un dramma che
coinvolse popolazioni e paesi lontani, perdendo nel tempo anche il patrimonio
orale di chi quella terribile esperienza l’ha vissuta, indossando una divisa ed
imbracciando un moschetto. Proprio durante le guerre, però, gli esseri umani
possono raggiungere le vette più alte di eroismo, così come quelle della
bestialità più assoluta. Se la storia e l’iconografia stessa del conflitto mondiale
per i campobassani è stata costruita sulle fotografie e sui ricordi della
presenza tedesca in città e dell’entrata delle truppe canadesi e neozelandesi,
una storia merita di essere raccontata che è quella di un eroe americano, nato
da emigrante campobassano negli Stati Uniti: la storia di Henry Mucci.
Figlio
di Andrea Mucci (1871-1920) nato a Campobasso e di Elizabeth Sabbatella LaMaita,
nata a Tiggiano (SA), Henry Mucci viene ricordato dalla storia americana come
colui che nel gennaio del 1945 guidò un reparto formato da 128 Ranger dell’esercito
statunitense in una missione che salvò 512 sopravvissuti della Marcia della
morte di Bataan dal campo di prigionia di Cabanatuan nelle Filippine. La prima
operazione nella storia da parte della forze armate americane riguardante il
recupero di prigionieri in campo ostile. Mucci diplomato nell’accademia
militare di West Point, dopo una prima esclusione dovuta all’altezza, esperto
cavaliere equestre (suo padre era un commerciante di cavalli nella zona di
Bridgeport, Connecticut), divenne tenente colonnello del 98° Battaglione di
artiglieria da campo nel febbraio del 1943, dopo essere scampato all’attacco di
Pearl Harbor il 7 settembre 1941.
Nello stesso mese, su ordine della US Sixth Army Command, il comando della sesta
armata statunitense, trasformò il suo battaglione di artiglieri in un
agguerrito reparto di rangers, attraverso un durissimo e martellante
addestramento in un campo nella Nuova Guinea, dove utilizzò tecniche da
commando per oltre un anno, specializzando i suoi uomini alla guerriglia e alla
vita nella giungla. Un addestramento che serviva ad uno scopo specifico in
quell’area. A causa delle condizioni inumane a cui venivano sottoposti i
prigionieri di guerra da parte dell’esercito giapponese, durante la liberazione
delle Filippine, il generale Walter Kreuger aveva scelto Mucci per guidare la
liberazione del campo di prigionia di Cabanatuan dove venivano perpetrate
violenze e decimazioni sommarie nei confronti dei prigionieri alleati.
Il
Giappone infatti non aveva firmato nessuna delle Convenzioni di Ginevra che,
tra le altre cose, garantivano il trattamento umano dei prigionieri di guerra
nemici. Di conseguenza, i militari giapponesi non si sentivano vincolati da regole
di condotta. I prigionieri di guerra potevano aspettarsi di essere trattati brutalmente
dai giapponesi che consideravano chiunque si fosse lasciato prendere vivo come
meritevole del massimo disprezzo. Le brutalità vengono ricordate come la marcia
della morte di Bataan. I prigionieri di
guerra che non venivano giustiziati direttamente, venivano condannati a morte
come schiavi nei campi di lavoro forzato, non solo nelle Filippine ma anche in
Cina, a Taiwan, in Corea e in Giappone. Quando le truppe americane e i
partigiani filippini cominciarono a liberare il paese, l'Alto Comando
dell'esercito imperiale giapponese prese la decisione di massacrare tutti i
prigionieri di guerra in modo che nessuno potesse essere liberato. Il 14
dicembre 1944 le unità della Quattordicesima Armata di Area giapponese
organizzarono un finto raid aereo al Campo 10-A sull'isola di Palawan, vicino
alla città di Puerto Princesa. Dopo aver radunato 150 prigionieri di guerra
americani nei loro rifugi, i soldati giapponesi cosparsero le baracche di
benzina e diedero fuoco, sparando e bastonando a morte quanti tentarono di
fuggire. Un episodio che convinse gli ufficiali americani a mettere in piedi l’operazione
di salvataggio nel campo di prigionia, vicino alla città di Cabanatuan, che ospitava
oltre 500 prigionieri di guerra che, dopo una prima fuga dei giapponesi dal
campo ed il loro feroce ritorno nella metà del gennaio 1945 (che consisteva
nella decimazione dei prigionieri), scattava il piano di salvataggio coordinato
dal maggiore Robert Lapham, capo della guerriglia per USAFFE (Forze armate
degli Stati Uniti in Estremo Oriente) e al capitano Juan Pajota (anche di
USAFFE) coordinati col colonnello Horton White.
Il
Tenente Colonnello Henry Mucci era a capo di 90 Rangers della C Company e altri
30 della F Company (6 ° Ranger Battalion) insieme a 14 Alamo Scouts (divisi in
due squadre). Gli esploratori 24 ore prima dell’inizio dell’operazione avevano
ispezionato il perimetro del campo. Alla fine del gennaio 1945 la forza al
comando di Mucci circonderà il campo, attaccherà e ucciderà le guardie per poi
scortare i prigionieri liberati in salvo a dorso di bufali. Con loro circa 250
guerriglieri filippini, malamente armati e addestrati, impegnati a reperire informazioni,
a fare da guida, attaccare e tagliare le linee telefoniche e insieme agli
americani impegnare in combattimento le truppe a difesa dell’area. Un’azione
eroica quella dei ribelli che, oltre a fare brillare un ponte rendendo impossibile
l’intervento dei carri armati, riuscirono nell’operazione a distruggere quattro
mezzi a colpi di bazooka, avendo ricevuto l’addestramento solo poche ore prima.
L’operazione
fu un successo: 489 prigionieri di guerra e 33 civili messi in salvo, 492 erano
quegli americani. Ma in quello stesso giorno venne liberato anche Camp
O'Donnell. Due furono le vittime tra i ranger, 21 quelle per i guerriglieri
filippini che rispondevano al capitano Jose Paioda, nativo filippino arruolato
nelle forze armate americane. Le atrocità raccontate dai sopravvissuti e le tremende condizioni di vita nei campi di
prigionia a Bataan e Corregidor girarono il mondo. Per la prima volta, infatti,
grazie alla resistenza filippina che era riuscita a contrabbandare con le
guardie corrotte del carcere una macchina fotografica e migliaia di pasticche
di chinino, vennero documentate le violenze e le sofferenze dei prigionieri
attraverso fotografie scioccanti. Il 2 febbraio del 1945 la notizia venne
accolta ufficialmente dal pubblico americano con euforia ma l’evoluzione del
conflitto si muoveva rapidamente e presto nell’opinione pubblica americana il
ricordo del raid fu oscurato da altri eventi come la Battaglia di Iwo Jima, una
delle più sanguinose battaglie nel teatro di guerra che si combatteva nelle
acque del Pacifico.
Il
leggendario generale americano Douglas MacArthur descrisse la missione come
"brillantemente riuscita". Il 3 marzo 1945 premiò personalmente tutti
i militari che presero parte al raid, essendo un grande amico di Mucci. Per Il
tenente colonnello Henry Mucci la promozione a pieno di colonnello, oltre alla
nomina per la Medal of Honor del Congresso. Sia lui che il Capitano Prince che
guidò l’attacco centrale al campo, però optarono per la Distinguished Service
Cross, la Silver Cross consegnata direttamente dall’amico generale. Mucci
proveniva da una famiglia numerosa ei suoi fratelli prestarono servizio
nell'esercito e nella marina statunitensi durante la seconda guerra mondiale.
Anche le sue sorelle si adoperarono con spirito patriottico, dividendo il loro
tempo tra la VFW e il lavoro nelle fabbriche di armamenti bellici.
Dopo
la fine della guerra Henry Mucci tornò a casa sua a Bridgeport, CT, dove venne
accolto come un eroe nazionale. Un anno dopo la fine della guerra, corse senza
successo per il Congresso americano. Nel 1947 il matrimonio con Marion Fountain
con la quale ebbe tre figli. Nei suoi ultimi anni è diventato rappresentante di
una compagnia petrolifera canadese in Tailandia. E’ stato anche presidente del
Bridgeport Lincoln Mercury. Per onorare il loro concittadino, nel 1974 i padri
della città di Bridgeport hanno intitolato a Henry Mucci una tratto della Route
25 tra Bridgeport e Newtown. Dopo la pensione, con sua moglie si è trasferito a
Melbourne, in Florida. Il vecchio guerriero si è spento il 20 aprile 1997 ad 88
ani dopo le conseguenze dovute alla frattura di un’anca, avuta due anni prima
mentre, fedele al suo passato di ranger, nuotava nelle acque di Melbourne. Una
sezione dell’Ambasciata Americana di Roma è dedicata alla sua memoria.
IL
FILM. L’eroismo di quegli uomini è ricordato nel libro “Ghost Soldiers: The
Epic Account of World War II’s Greatest Rescue Mission” (in Italia “Soldati
fantasma”, Corbaccio, Milano), divenuto trasposizione cinematografica nel 2016
con il film “The Great Raid - Un pugno di eroi”, una produzione Usa – Australia
diretto da John Dahl, con Benjamin Bratt nella parte di Henry Mucci, James
Franco in quella del capitano Prince e Joseph Fiennes, ufficiale prigioniero
dei giapponesi e leader malato e stremato dei PoW americani.