martedì 13 novembre 2012

Decreto Balduzzi: sanità molisana da ricostruire

Oltre al taglio dei posti letto si preannuncia un pericoloso depotenziamento delle strutture pubbliche e private
Se fino ad oggi la corsa contro il tempo del sistema sanitario regionale era dovuta al rientro dal debito sanitario, autentico calvario che di fatto ha sancito minori servizi e maggiori tasse per i cittadini molisani, entra in gioco nelle prossime settimane il regolamento sui nuovi standard ospedalieri, previsto dalla spending review di Monti, e inviato alle Regioni dal ministro Balduzzi in vista della necessaria intesa alla Conferenza Stato Regioni. Un’incombenza che riporterebbe a zero la programmazione sin qui compiuta e che vedrà il commissario Filippo Basso, nell’immediato futuro, impegnato nel disegnare le nuove linee guida dell’atto aziendale dell’Asrem nonché la predisposizione del nuovo Piano Sanitario Regionale, alla luce delle nuove regole imposte dal Ministero.
Stando ai dati in nostro possesso il Molise, in base al numero dei suoi abitanti, per attivare o confermare (nel caso dell’ospedale regionale Cardarelli di Campobasso) la presenza di presidi di II° livello, dovrà andare ad un accordo interregionale con le regioni confinanti entro il 30 giugno 2013, mentre per Isernia e Termoli (avendo un bacino d’utenza compreso tra gli 80mila ed 150 mila abitanti) gli ospedali rischierebbero, pur in presenza di standard e specialità adeguate, di essere considerati presidi di base. Ma vediamo cosa stabilisce il nuovo regolamento in merito alla tipologia di strutture ospedaliere in ordine di complessità e che rende inutile qualsiasi presa di posizione contraria, che ancora si avverte in modo residuale nel basso Molise. Il regolamento stabilisce che saranno considerati presidi di base, le strutture aventi bacino d’utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti. Dovranno essere dotate di Pronto Soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità con servizio di supporto in rete di guardia attiva. Ci saranno poi i presidi di I livello (oggi Termoli e Isernia): ovvero strutture aventi bacino d’utenza tra 150.000 e 300.000 abitanti. Saranno sede di DEA di I° livello. Sono strutture che dovranno essere dotate di un notevole numero di specialità con servizio medico di guardia attiva. Devono essere presenti o disponibili in rete h 24 servizi di radiologia con Tac ed ecografia, laboratorio, servizio immunotrasfusionale. Infine i presidi di II livello (oggi il Cardarelli di Campobasso): ovvero strutture con bacino d’utenza tra 600.000 e 1.200.000 abitanti. Saranno dotate di strutture di DEA di II° livello. Questi presidi sono riferibili alle Aziende ospedaliere, ospedaliero universitari ma anche a determinati IRCCS. I presidi in questione dovranno possedere tutte le caratteristiche di quelli di I° livello ma in più dovranno essere dotate di strutture in grado di affrontare discipline e patologie più complesse.
Questa nuova riperimetrazione della sanità pubblica molisana si accompagna a quella decisiva per la sanità privata. Sono fortissimi infatti i timori nelle ultime ore per il futuro delle tre cliniche private regionali, alla luce del nuovo schema di regolamento sulla riorganizzazione della rete ospedaliera del Ministero della Salute che interviene anche sulle strutture private accreditate. Il comma contenuto nel regolamento parla chiaro: non potranno infatti essere più accreditate le cliniche private con meno di 80 posti letto per acuti. A rischio sarebbe il 63% delle cliniche private italiane: questo è il risultato dei nuovi standard ospedalieri all'esame delle Regioni, in base ad una prima elaborazione effettuata daQuotidiano Sanità sui dati del Ministero riferiti all’anno 2011. Su 406 case di cura private accreditate per le acuzie, per un totale di 28.945 letti per acuti sarebbero 257, il 63,3% del totale, quelle che hanno meno di 80 posti letto per acuti, e non rientrano nel nuovo limite previsto dal regolamento ministeriale. In tutto potrebbero essere sconvenzionati dal Ssn 10.412 posti letto per acuti, pari al 35,9% dei letti per acuti nel privato accreditato.
Ma guardiamo alla situazione molisana: stando alla riparametrazione effettuata dal Ministero della Salute sarebbe a rischio l’accreditamento per Villa Maria a Campobasso con i suoi 40 posti letto (34 per acuti, 4 per day hospitale e 2 per day surgery), così per Villa Esther a Bojano con i sui 74 posti letto (66 per acuti, 3 per day hospital e 5 per day surgery) e per l’Igea - Istituto Europeo di Riabilitazione di Isernia con i suoi 40 posti letto per acuti. In totale sarebbero 154 i posti letto a rischio e con loro, ovviamente, anche il personale dipendente. Una tegola che si abbatterebbe sulla sanità privata e che comprometterebbe decine e decine di posti di lavoro.
Una regolamentazione che corre il rischio di non essere coadiuvata e rappresentata dalla politica locale in campo nazionale, stando lo stato di cose nel Consiglio regionale del Molise e il perdurare del commissariamento e che, dato il taglio del decreto, potrebbe contribuire a creare ulteriori forti disarmonie in un territorio privo di infrastrutture e di un sistema di trasporti adeguato, causando minori diritti per chi abita nelle aree interne e montane. MO

domenica 11 novembre 2012

Gas: l’attacco proviene dalla Puglia

La realizzazione del nuovo metanodotto Larino – Chieuti servirà a pompare idrocarburi dal Molise e dalla Daunia
Sono tante le manovre che vedono sottoposto il nostro territorio ad un vero e proprio assalto da parte di imprese del campo energetico: dopo la prima parte dell’inchiesta di ieri sull’estrazione di petrolio che vedrebbe minacciato il Fortore fino al massiccio di Frosolone, ci spostiamo nel basso Molise dove, proprio verso il confine dauno, la giunta Vendola avrebbe autorizzato già ben nove autorizzazioni che permetteranno l’estrazione di gas oltre a dare il via libera alla costruzione del nuovo metanodotto Larino – Chieuti. Infatti, in deroga alle leggi, ai vincoli e alla pianificazione locale la Giunta Vendola ha rilasciato ai Comuni di Serracapriola, San Paolo di Civitate e Torremaggiore (FG) e alla Società Gasdotti Italia Spa, l’Attestazione di Compatibilità per la realizzazione del metanodotto Larino – Chieuti – Reggente. Anche in questo caso, come troppo spesso accade, le parole d’ordine sono“urgenza e indifferibilità” scrive Gianni Lannes, giornalista d’inchiesta sul suo blog“Su la testa”, a proposito dell’invasione di multinazionali nella ricerca di idrocarburi in Puglia.  Il progetto consiste nella realizzazione di un nuovo metanodotto di collegamento tra la Centrale Gas di Larino e la Stazione di Interconnessione di Torremaggiore. La nuova condotta avrà una lunghezza di circa 46 Km e procederà quasi parallelamente al tracciato delle condotte esistenti. Il metanodotto in progetto ha una lunghezza pari a 45 km + 936 e si sviluppa nella Provincia di Campobasso, attraversando i territori dei Comuni di Larino, San Martino in Pensilis, Ururi, Rotello, e nella Provincia di Foggia, attraversando i territori dei Comuni di Serracapriola, San Paolo di Civitate, Torremaggiore. Il quadro dunque sarebbe completo: il metanodotto della SGI in fase di costruzione (cantieri della Romana Costruzioni), tra la provincia di Foggia e quella di Campobasso, servirà a fare incetta del gas da estrarre prossimamente. Obiettivo delle multi nazioni, oltre alle perforazioni al largo delle Tremiti, il Basso Molise e il nord della Daunia. L’obiettivo è pompare idrocarburi con due diverse richieste di trivellazioni che riguardano oltre 500 chilometri quadrati e ben 14 comuni, 9 dei quali molisani: Termoli, Campomarino, Guglionesi, Petacciato, San Giacomo degli Schiavoni, San Martino, Portocannone, Ururi e Rotello; il resto pugliesi come Chieuti, Serracapriola, Lesina, San Paolo Civitate, Torremaggiore. Ma le istanze ferme al Ministero non sarebbero una novità:la più datata si chiama “Il Convento”. Secondo fonti interne all’ente, la Regione Molise avrebbe richiesto di poter visionare i progetti, poiché sembrerebbe quella più pericolosa per il territorio regionale. Si tratta di un permesso che riguarderebbe un territorio decisamente ampio. Ben 412,8 chilometri quadrati da trivellare, oltre 229,89 in Puglia e più di 182,91 in Molise, per qualcosa come 13 Comuni interessati. Le due ditte, la “Compagnia generale idrocarburi” e la “Appenine Energy” hanno individuato il territorio potenzialmente fornito di oro nero in un’area che va da Termoli fino a Lesina. L’altra istanza, firmata dalla Vega Oil e dalla Vittorito Petroleum reca la data del 31 marzo 2010. Il procedimento è in dirittura d’arrivo. E’ intitolato “Colle della Guardia”. Il territorio è più circoscritto e riguarda interamente il Basso Molise per un totale di oltre 83,87 chilometri quadrati ai confini fra Molise e Puglia, andando a ricongiungersi alle prospezioni in atto in Capitanata proprio dalla Vittorito Petroleum. Quali sono i pericoli ai quali potrebbe andare incontro il nostro territorio con un intervento così importante per la ricerca e la coltivazioni di idrocarburi? L’attività intrusiva porta con sé il rischio di inquinamento delle falde dovuto all’alta probabilità di infiltrazioni di gas naturale e di fluidi lubrificanti/perforanti, la cui composizione è mantenuta segreta dalle società petrolifere. In un territorio prevalentemente agricolo come il nostro, l’impatto sulla qualità della produzione e sulla salute della popolazione non sarebbe quantificabile, data la vitale importanza delle risorse idriche. Esempi di contaminazione delle acque potabili sono stati registrati in Basilicata, dove quindici anni di estrazioni hanno danneggiato in maniera irreversibile l’economia e gli ecosistemi locali. A questi vanno aggiunti i problemi dovuti alla rete di infrastrutture (oleodotti, metanodotti) che impatterebbe ulteriormente su un territorio la cui produzione agricola d’eccellenza verrebbe gravemente compromessa. Quali i vantaggi? Praticamente inesistenti. L’opera è infatti completamente privata e le royalties pagate dalle compagnie petrolifere allo Stato sono ridicole, attualmente pari al 10 per cento sui profitti. MO
La Gazzetta del Molise 11/11/2012

 

venerdì 9 novembre 2012

Petrolio, pericolo o opportunità per il Molise?


I contenuti del nuovo Piano energetico nazionale parlano chiaro: entro il 2020 le energie rinnovabili saranno la prima fonte di energia elettrica in Italia. Questa è la premessa espressa nel disegno di legge del Governo sulla Strategia energetica nazionale: il primo programma complessivo dal 1988 ad oggi che resterà a disposizione del Parlamento per altre sei settimane, un’eredità pesante dell’esecutivo Monti da lasciare ai prossimi governi. Un programma che però getta ombre sullo sfruttamento del territorio in quanto incentiverà la produzione sostenibile di prodotti petroliferi nazionali ovvero più trivellazioni, a fronte di una diminuzione degli incentivi destinati per le energie rinnovabili. In questo contesto oggi a Venezia il presidente del Consiglio regionale del Molise, Mario Pietracupa, porterà all'attenzione del Ministro per l'Ambiente Corrado Clini le ragioni del Consiglio regionale e di tutti i molisani a sostegno del motto 'no al petrolio in mare, sì allo sviluppo ecosostenibile', dopo che l’assise di Via IV Novembre ha votato all'unanimità una proposta di legge da inviare alle Camere affinché sia disposto il divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle acque prospicienti i territori regionali. A Palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto, si tiene infatti la Conferenza internazionale delle Regioni adriatiche e ioniche sul tema della ''Salvaguardia delle coste delle Regioni del mare Mediterraneo dall'estrazione di idrocarburi in mare''.

Ma il pericolo trivellazioni non arriva solo dal mare: nei giorni scorsi è stato lo stesso presidente dell’Eni, Giuseppe Recchi, a sintetizzare con alcune cifre il nuovo scenario. La riprogrammazione del mix di fonti (fossili, rinnovabili e risparmio energetico), soprattutto nel Mezzogiorno porterà un risparmio sulle importazioni di greggio a vantaggio in parte di rinnovabili, in parte di una maggiore produzione nazionale di idrocarburi. Intervenendo nella facoltà di Economia di Torino a proposito del ruolo dell’Eni nel contesto economico nazionale, Recchi ha confermato un aumento di almeno il 15 per cento della attuale produzione di greggio in Italia entro il 2030. In linea con il piano predisposto dal Ministro Corrado Passera e dal Ministero per lo Sviluppo Economico, l’Eni ritiene possibile sfruttare in maniera molto più decisa i giacimenti nel Belpaese. Ripreso dalle agenzie, il presidente dell’Eni ha affermato che “le riserve di greggio conosciute ammontano a 5.500 miliardi di barili, che significano un indice di consumo per 170 anni”. E ha indicato l’obiettivo dell’incremento delle estrazioni, “dagli attuali 90 milioni di barili al giorno a 110 milioni di barili al giorno nel 2030, il più grande incremento in un decennio dagli anni ‘80”.

Oltre alla fascia costiera, già da tempo oggetto di coltivazioni di idrocarburi, ovvero da santa Croce di Magliano fino a Mafalda, è l’intero antico Sannio ad essere nello scenario, data la presenza acclarata nel corso del tempo di giacimenti di idrocarburi, peraltro oggetto di nuove esplorazioni che vanno dal beneventano fino ai comuni matesini e del massiccio di Frosolone. L’area denominata “Santa Croce” (che comprende anche il territorio di Campobasso), del resto, sono già assimilate al sistema estrattivo nazionale, mentre per il territorio di Pescopennataro e per il territorio di Petacciato sono ancora in corso le istruttorie preliminari.

Ma non è finita perché si attende l’esito dell’istruttoria avviata da due diverse società, Sviluppo Risorse Naturali collegata alla Delta Energy con sede a Londra e la Società Italmin Exploration che hanno presentato al Ministero per lo Sviluppo Economico altrettante istanze per l'esplorazione e la ricerca petrolifera (satellitare e attraverso linee sismiche esistenti) denominata "Pietra Spaccata" che interesseranno l'Alto Sannio, con i Comuni di Morcone, Fragneto Monforte e Fragneto L'Abate ed una parte della zona di Apice. Oltre alla Campania con le province di Benevento ed Avellino, è interessata dunque anche la provincia di Campobasso.

Una situazione che resta in evoluzione, mentre la politica molisana è debole come non mai e con gli amministratori locali spesso al buio rispetto a scelte nazionali. Il timore riguarda un vasto territorio che da qualche tempo vuole accelerare il suo sviluppo con scelte completamente opposte (agricoltura biologica, turismo sostenibile, qualità della vita e dell’ambiente) e che corre il rischio di vedere infranti i suoi sforzi dall’impatto ecologico di un eventuale avvio di attività estrattive che, in altre regioni (si veda la Val d’Agri in Basilicata), hanno compromesso negativamente qualsiasi altro tipo di attività. MO
La Gazzetta del Molise 09/11/2012