Emergono sempre più statistiche sulle Regioni
italiane, frutto di interesse mediatico dettato dagli ultimi scandali e dal
dibattito nazionale riguardante le autonomie regionali sempre più a rischio. E’
in corso una sorta di redde rationem da parte del Governo Monti, dettato da
politiche europee sempre più stringenti, rispetto al nostro Paese e al suo
intero sistema politico amministrativo, che finora è prosperato grazie ad una
spesa pubblica senza freni (o quasi), utilizzata dalla classe politica
italiana, in maniera trasversale e che nel Mezzogiorno è servita a raccogliere consensi
a piene mani. Questa volta sotto accusa sono i numeri dettati dall’ufficio
studi della Confartigianato e pubblicati sulle pagine del Corriere della Sera, riguardanti
l’eccesso di personale presso le nostre Regioni. Impietosi come sempre, se
presi nella crudezza dei numeri, il rapporto afferma che su ogni tre persone
impiegate una sarebbe di troppo. Per il Molise, per esempio, resisterebbe
soltanto il 25% del personale attualmente in servizio: 680 dipendenti su 902
sarebbero superflui, potrebbero restare
in servizio solo 222. Secondo la Confartigianato per assimilarsi al modello più
virtuoso delle piccole Regioni ordinarie la Campania, dovrebbe tagliare ben
4.746 impiegati su 7.501. Ma lo studio non risparmia neppure alcuni degli enti
considerati più virtuosi, come l'Emilia Romagna, la Toscana e il Veneto, che
potrebbero fare a meno rispettivamente del 31,9, del 34,4 e del 20,7 per cento
del personale. In queste sole tre Regioni, seguendo il criterio adottato
dall'ufficio studi dell'organizzazione degli artigiani, ci sarebbero circa
2.500 esuberi. Per non parlare di situazioni come quella dell'Umbria, dove
risulterebbe in eccesso addirittura il
54,8 per cento del personale: dieci punti più rispetto alla
Calabria. Anziché le attuali 78.679
unità in servizio, ne sarebbero sufficienti 54.283. Con un risparmio enorme: due miliardi, 468 milioni e 300 mila euro
l'anno . Cifra che equivale al 28 per cento dell'addizionare regionale
dell'Irpef. Tagliando il personale in eccesso nelle Regioni, insomma, ogni
cittadino italiano potrebbe risparmiare 41 euro l'anno di tasse, ma con
differenze enormi: dagli 8 euro del Veneto agli 82 della Basilicata, fino ai
705 (settecentocinque) della Valle D'Aosta. Niente di nuovo, il problema sarebbe particolarmente grave al Sud. Non a caso la
stessa Corte dei conti, in un recentissimo rapporto, cita come significativa
anche la situazione della Campania "che fa registrare, nel 2008 una
consistenza più che doppia rispetto alla Regione Lombardia, dato che persiste
nel 2010 nonostante la riscontrata flessione del 7,73 per cento". Lo
studio della Confartigianato rimarca che la Regione Campania, con il 59 per
cento degli abitanti della Lombardia, ha il 126 per cento dei suoi dipendenti. Interessante
il dato tra personale dirigente e non dirigente: in Molise c'è un dirigente
ogni 10,7 impiegati, un dato che permette uno squilibrio del costo procapite
della Regione Molise che grava sui suoi abitanti. Nel Molise, infatti, si tocca
il massimo per le Regioni ordinarie, con 178 euro per far fronte alle
retribuzioni del personale regionale a carico di ogni cittadino, contro una
media di 45 euro e un minimo, riscontrato sempre in Lombardia, di 23 euro. In
Sicilia gli stipendi dei dipendenti regionali per 346 euro su ciascun abitante
dell'isola: più del doppio rispetto ai 162 euro della Sardegna. Numeri che su
un governo nazionale di taglio ragionieristico come quello Monti potrebbero
suscitare enorme attenzione.
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