I
contenuti del nuovo Piano energetico nazionale parlano chiaro: entro il 2020 le
energie rinnovabili saranno la prima fonte di energia elettrica in Italia.
Questa è la premessa espressa nel disegno di legge del Governo sulla Strategia energetica
nazionale: il primo programma complessivo dal 1988 ad oggi che
resterà a disposizione del Parlamento per altre sei settimane, un’eredità
pesante dell’esecutivo Monti da lasciare ai prossimi governi. Un programma che
però getta ombre sullo sfruttamento del territorio in quanto incentiverà la
produzione sostenibile di prodotti petroliferi nazionali ovvero più
trivellazioni, a fronte di una diminuzione degli incentivi destinati per le
energie rinnovabili. In questo contesto oggi a Venezia il presidente del Consiglio
regionale del Molise, Mario Pietracupa, porterà all'attenzione del Ministro per
l'Ambiente Corrado Clini le ragioni del Consiglio regionale e di tutti i
molisani a sostegno del motto 'no al petrolio in mare, sì allo sviluppo
ecosostenibile', dopo che l’assise di Via IV Novembre ha votato all'unanimità
una proposta di legge da inviare alle Camere affinché sia disposto il divieto di prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle acque prospicienti i territori
regionali. A Palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale
del Veneto, si tiene infatti la Conferenza internazionale delle Regioni
adriatiche e ioniche sul tema della ''Salvaguardia delle coste delle Regioni
del mare Mediterraneo dall'estrazione di idrocarburi in mare''.
Ma
il pericolo trivellazioni non arriva solo dal mare: nei giorni scorsi è stato
lo stesso presidente dell’Eni, Giuseppe Recchi, a sintetizzare con alcune cifre
il nuovo scenario. La riprogrammazione del mix di fonti (fossili, rinnovabili e
risparmio energetico), soprattutto nel Mezzogiorno porterà un risparmio sulle
importazioni di greggio a vantaggio in parte di rinnovabili, in parte di una
maggiore produzione nazionale di idrocarburi. Intervenendo nella facoltà di
Economia di Torino a proposito del ruolo dell’Eni nel contesto economico
nazionale, Recchi ha confermato un aumento di almeno il 15 per cento della
attuale produzione di greggio in Italia entro il 2030. In linea con il piano
predisposto dal Ministro Corrado Passera e dal Ministero per lo Sviluppo
Economico, l’Eni ritiene possibile sfruttare in maniera molto più decisa i
giacimenti nel Belpaese. Ripreso dalle agenzie, il presidente dell’Eni ha
affermato che “le riserve di greggio conosciute ammontano a 5.500 miliardi di
barili, che significano un indice di consumo per 170 anni”. E ha indicato
l’obiettivo dell’incremento delle estrazioni, “dagli attuali 90 milioni di
barili al giorno a 110 milioni di barili al giorno nel 2030, il più grande
incremento in un decennio dagli anni ‘80”.
Oltre
alla fascia costiera, già da tempo oggetto di coltivazioni di idrocarburi,
ovvero da santa Croce di Magliano fino a Mafalda, è l’intero antico Sannio ad
essere nello scenario, data la presenza acclarata nel corso del tempo di
giacimenti di idrocarburi, peraltro oggetto di nuove esplorazioni che vanno dal
beneventano fino ai comuni matesini e del massiccio di Frosolone. L’area
denominata “Santa Croce” (che comprende anche il territorio di Campobasso), del
resto, sono già assimilate al sistema estrattivo nazionale, mentre per il
territorio di Pescopennataro e per il territorio di Petacciato sono ancora in
corso le istruttorie preliminari.
Ma
non è finita perché si attende l’esito dell’istruttoria avviata da due diverse
società, Sviluppo Risorse Naturali collegata alla Delta Energy con sede a
Londra e la Società Italmin Exploration che hanno presentato al Ministero per
lo Sviluppo Economico altrettante istanze per l'esplorazione e la ricerca
petrolifera (satellitare e attraverso linee sismiche esistenti) denominata
"Pietra Spaccata" che interesseranno l'Alto Sannio, con i Comuni di
Morcone, Fragneto Monforte e Fragneto L'Abate ed una parte della zona di Apice.
Oltre alla Campania con le province di Benevento ed Avellino, è interessata dunque
anche la provincia di Campobasso.
Una
situazione che resta in evoluzione, mentre la politica molisana è debole come
non mai e con gli amministratori locali spesso al buio rispetto a scelte
nazionali. Il timore riguarda un vasto territorio che da qualche tempo vuole
accelerare il suo sviluppo con scelte completamente opposte (agricoltura
biologica, turismo sostenibile, qualità della vita e dell’ambiente) e che corre
il rischio di vedere infranti i suoi sforzi dall’impatto ecologico di un
eventuale avvio di attività estrattive che, in altre regioni (si veda la Val
d’Agri in Basilicata), hanno compromesso negativamente qualsiasi altro tipo di
attività. MO
La Gazzetta del Molise 09/11/2012
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