venerdì 9 novembre 2012

Petrolio, pericolo o opportunità per il Molise?


I contenuti del nuovo Piano energetico nazionale parlano chiaro: entro il 2020 le energie rinnovabili saranno la prima fonte di energia elettrica in Italia. Questa è la premessa espressa nel disegno di legge del Governo sulla Strategia energetica nazionale: il primo programma complessivo dal 1988 ad oggi che resterà a disposizione del Parlamento per altre sei settimane, un’eredità pesante dell’esecutivo Monti da lasciare ai prossimi governi. Un programma che però getta ombre sullo sfruttamento del territorio in quanto incentiverà la produzione sostenibile di prodotti petroliferi nazionali ovvero più trivellazioni, a fronte di una diminuzione degli incentivi destinati per le energie rinnovabili. In questo contesto oggi a Venezia il presidente del Consiglio regionale del Molise, Mario Pietracupa, porterà all'attenzione del Ministro per l'Ambiente Corrado Clini le ragioni del Consiglio regionale e di tutti i molisani a sostegno del motto 'no al petrolio in mare, sì allo sviluppo ecosostenibile', dopo che l’assise di Via IV Novembre ha votato all'unanimità una proposta di legge da inviare alle Camere affinché sia disposto il divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle acque prospicienti i territori regionali. A Palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto, si tiene infatti la Conferenza internazionale delle Regioni adriatiche e ioniche sul tema della ''Salvaguardia delle coste delle Regioni del mare Mediterraneo dall'estrazione di idrocarburi in mare''.

Ma il pericolo trivellazioni non arriva solo dal mare: nei giorni scorsi è stato lo stesso presidente dell’Eni, Giuseppe Recchi, a sintetizzare con alcune cifre il nuovo scenario. La riprogrammazione del mix di fonti (fossili, rinnovabili e risparmio energetico), soprattutto nel Mezzogiorno porterà un risparmio sulle importazioni di greggio a vantaggio in parte di rinnovabili, in parte di una maggiore produzione nazionale di idrocarburi. Intervenendo nella facoltà di Economia di Torino a proposito del ruolo dell’Eni nel contesto economico nazionale, Recchi ha confermato un aumento di almeno il 15 per cento della attuale produzione di greggio in Italia entro il 2030. In linea con il piano predisposto dal Ministro Corrado Passera e dal Ministero per lo Sviluppo Economico, l’Eni ritiene possibile sfruttare in maniera molto più decisa i giacimenti nel Belpaese. Ripreso dalle agenzie, il presidente dell’Eni ha affermato che “le riserve di greggio conosciute ammontano a 5.500 miliardi di barili, che significano un indice di consumo per 170 anni”. E ha indicato l’obiettivo dell’incremento delle estrazioni, “dagli attuali 90 milioni di barili al giorno a 110 milioni di barili al giorno nel 2030, il più grande incremento in un decennio dagli anni ‘80”.

Oltre alla fascia costiera, già da tempo oggetto di coltivazioni di idrocarburi, ovvero da santa Croce di Magliano fino a Mafalda, è l’intero antico Sannio ad essere nello scenario, data la presenza acclarata nel corso del tempo di giacimenti di idrocarburi, peraltro oggetto di nuove esplorazioni che vanno dal beneventano fino ai comuni matesini e del massiccio di Frosolone. L’area denominata “Santa Croce” (che comprende anche il territorio di Campobasso), del resto, sono già assimilate al sistema estrattivo nazionale, mentre per il territorio di Pescopennataro e per il territorio di Petacciato sono ancora in corso le istruttorie preliminari.

Ma non è finita perché si attende l’esito dell’istruttoria avviata da due diverse società, Sviluppo Risorse Naturali collegata alla Delta Energy con sede a Londra e la Società Italmin Exploration che hanno presentato al Ministero per lo Sviluppo Economico altrettante istanze per l'esplorazione e la ricerca petrolifera (satellitare e attraverso linee sismiche esistenti) denominata "Pietra Spaccata" che interesseranno l'Alto Sannio, con i Comuni di Morcone, Fragneto Monforte e Fragneto L'Abate ed una parte della zona di Apice. Oltre alla Campania con le province di Benevento ed Avellino, è interessata dunque anche la provincia di Campobasso.

Una situazione che resta in evoluzione, mentre la politica molisana è debole come non mai e con gli amministratori locali spesso al buio rispetto a scelte nazionali. Il timore riguarda un vasto territorio che da qualche tempo vuole accelerare il suo sviluppo con scelte completamente opposte (agricoltura biologica, turismo sostenibile, qualità della vita e dell’ambiente) e che corre il rischio di vedere infranti i suoi sforzi dall’impatto ecologico di un eventuale avvio di attività estrattive che, in altre regioni (si veda la Val d’Agri in Basilicata), hanno compromesso negativamente qualsiasi altro tipo di attività. MO
La Gazzetta del Molise 09/11/2012

Nessun commento:

Posta un commento