La
realizzazione del nuovo metanodotto Larino – Chieuti servirà a pompare
idrocarburi dal Molise e dalla Daunia
Sono tante le
manovre che vedono sottoposto il nostro territorio ad un vero e proprio assalto
da parte di imprese del campo energetico: dopo la prima parte dell’inchiesta di
ieri sull’estrazione di petrolio che vedrebbe minacciato il Fortore fino al
massiccio di Frosolone, ci spostiamo nel basso Molise dove, proprio verso il
confine dauno, la giunta Vendola avrebbe autorizzato già ben nove
autorizzazioni che permetteranno l’estrazione di gas oltre a dare il via libera
alla costruzione del nuovo metanodotto Larino – Chieuti. Infatti, in deroga
alle leggi, ai vincoli e alla pianificazione locale la Giunta Vendola ha
rilasciato ai Comuni di Serracapriola, San Paolo di Civitate e Torremaggiore
(FG) e alla Società Gasdotti Italia Spa,
l’Attestazione di Compatibilità per la realizzazione del metanodotto Larino –
Chieuti – Reggente. Anche in questo caso, come troppo spesso accade, le
parole d’ordine sono“urgenza e indifferibilità” scrive Gianni Lannes,
giornalista d’inchiesta sul suo blog“Su la testa”, a proposito dell’invasione
di multinazionali nella ricerca di idrocarburi in Puglia. Il progetto consiste nella realizzazione di un
nuovo metanodotto di collegamento tra la Centrale Gas di Larino e la Stazione
di Interconnessione di Torremaggiore. La nuova condotta avrà una lunghezza di
circa 46 Km e procederà quasi parallelamente al tracciato delle condotte
esistenti. Il metanodotto in progetto ha una lunghezza pari a 45 km + 936 e si
sviluppa nella Provincia di Campobasso, attraversando i territori dei Comuni di
Larino, San Martino in Pensilis, Ururi, Rotello, e nella Provincia di Foggia,
attraversando i territori dei Comuni di Serracapriola, San Paolo di Civitate,
Torremaggiore. Il quadro dunque sarebbe completo: il metanodotto della SGI in fase di costruzione (cantieri
della Romana Costruzioni), tra
la provincia di Foggia e quella di Campobasso, servirà a fare incetta del gas
da estrarre prossimamente. Obiettivo delle multi nazioni, oltre alle
perforazioni al largo delle Tremiti, il Basso Molise e il nord della Daunia.
L’obiettivo è pompare idrocarburi con due diverse richieste di trivellazioni
che riguardano oltre 500 chilometri quadrati e ben 14 comuni, 9 dei quali
molisani: Termoli, Campomarino, Guglionesi, Petacciato, San Giacomo degli
Schiavoni, San Martino, Portocannone, Ururi e Rotello; il resto pugliesi come
Chieuti, Serracapriola, Lesina, San Paolo Civitate, Torremaggiore. Ma le
istanze ferme al Ministero non sarebbero una novità:la più datata si chiama “Il
Convento”. Secondo fonti interne all’ente, la Regione Molise avrebbe richiesto
di poter visionare i progetti, poiché sembrerebbe quella più pericolosa per il
territorio regionale. Si tratta di un permesso che riguarderebbe un territorio
decisamente ampio. Ben 412,8 chilometri quadrati da trivellare, oltre 229,89 in
Puglia e più di 182,91 in Molise, per qualcosa come 13 Comuni interessati. Le
due ditte, la “Compagnia generale
idrocarburi” e la “Appenine
Energy” hanno individuato il territorio potenzialmente fornito di oro
nero in un’area che va da Termoli fino a Lesina. L’altra istanza, firmata dalla
Vega Oil e dalla Vittorito Petroleum reca la data del
31 marzo 2010. Il procedimento è in dirittura d’arrivo. E’ intitolato “Colle della Guardia”. Il territorio è
più circoscritto e riguarda interamente il Basso Molise per un totale di oltre
83,87 chilometri quadrati ai confini fra Molise e Puglia, andando a
ricongiungersi alle prospezioni in atto in Capitanata proprio dalla Vittorito
Petroleum. Quali sono i pericoli ai quali potrebbe andare incontro il nostro
territorio con un intervento così importante per la ricerca e la coltivazioni
di idrocarburi? L’attività intrusiva porta con sé il rischio di inquinamento
delle falde dovuto all’alta probabilità di infiltrazioni di gas naturale e di
fluidi lubrificanti/perforanti, la cui composizione è mantenuta segreta dalle
società petrolifere. In un territorio prevalentemente agricolo come il nostro,
l’impatto sulla qualità della produzione e sulla salute della popolazione non
sarebbe quantificabile, data la vitale importanza delle risorse idriche. Esempi
di contaminazione delle acque potabili sono stati registrati in Basilicata,
dove quindici anni di estrazioni hanno danneggiato in maniera irreversibile
l’economia e gli ecosistemi locali. A questi vanno aggiunti i problemi dovuti
alla rete di infrastrutture (oleodotti, metanodotti) che impatterebbe
ulteriormente su un territorio la cui produzione agricola d’eccellenza verrebbe
gravemente compromessa. Quali i vantaggi? Praticamente inesistenti. L’opera è
infatti completamente privata e le royalties pagate dalle compagnie petrolifere
allo Stato sono ridicole, attualmente pari al 10 per cento sui profitti. MO
La Gazzetta del Molise 11/11/2012
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