
Esco di casa, arrivato in fondo alla
strada riesco a scorgere sulla destra in lontananza i bianchi monti della
Maiella, al centro il massiccio di Frosolone rovinato dalle pale eoliche, subito
dopo nelle belle giornate anche le Mainarde e poi quasi posso toccare, a
sinistra, con mano, il Matese con l’oscuro Monte Mutria e l’innevato Monte
Miletto. Mi ritengo un campobassano fortunato e spero di esserlo ancora per
tanto tempo ancora, almeno fino a quando non costruiranno l’ennesimo palazzone
che potrebbe oscurarmi questo incantevole paesaggio.
La meta della mia destinazione in una
freddissima domenica di maggio sarà il Parco nazionale della Majella per
raggiungere Sulmona, la sua “capitale” che già conosco per esserci stato nel
febbraio di venticinque anni fa, trasportato su un camion militare scoperto dalla caserma del 123° Battaglione
Chieti durante il servizio della leva militare per esercitarmi a sparare e
fare la guerra simulata nel poligono distante pochi chilometri fuori
dall’abitato.
Da Campobasso parte infatti il treno
della Transiberiana d’Italia, così chiamata per essere la tratta ferroviaria
tra le più antiche e, dopo quella del Brennero, la più alta del nostra Paese
con i suoi 1268 metri sul livello del mare della stazione di Rivisondoli –
Pescocostanzo, attraversando 50 km in ambiente MAB e 70 km nel Parco Nazionale
della Majella. In realtà la Transiberiana ha origine da Isernia, il treno
diesel delle Ferrovie Italiane raccoglie solo una ventina di visitatori dal
capoluogo regionale oltre ai simpatici stagisti dell’Istituto alberghiero di
Vinchiaturo per poi raggiungere la cittadina pentra, punto di raccolta delle
numerose comitive campane, laziali e isernine che riempiranno tutte le
carrozze, insieme al personale dell’organizzazione.
Un percorso che si snoda tra le montagne
dei vecchi “Abruzzi” che vuole riappropriarsi di identità una volta comuni, di
progetti che la modernizzazione ha definito troppo rapidamente “rami secchi” e
che oggi, in tempi di slow tourism sembra essere un buon mezzo per ridare vita
a località da favola ma sempre più spopolate e isolate. Inaugurata il 18
settembre del 1892 la linea faceva parte di un progetto che, attraversando la
dorsale appenninica avrebbe collegato le cosiddette “terre di mezzo” e Napoli
con il completamento della Caianiello – Venafro – Isernia il 21 marzo del 1894.
Sopravvissuta alla guerra, il traffico sulla linea con la diffusione delle auto
private e degli autotrasportatori per merci e bestiame comincia a diminuire:
agli inizi degli anni ’70 la trazione a vapore scompare definitivamente per far
posto al diesel ma nel frattempo numerose stazioni chiudono per essere gestite
a distanza. Sporadiche iniziative turistiche vengono comunque attuate ma una
serie di difficoltà ambientali e tecniche fanno abbandonare presto i progetti
intrapresi. Tra il 1994 ed il 1995 vengono chiuse le biglietterie, la gestione
merci e varie stazioni vengono dismesse. Alle fine del 2010 chiude il tratto da
Isernia a Castel di Sangro e dopo un anno chiude anche il tratto abruzzese
Castel di Sangro – Sulmona.
Lo scorso anno arriva il miracolo: la
linea riapre con i treni turistici organizzati
da Transita con il supporto dell’Associazione Le Rotaie Molise ed il
sostegno e contributo del Parco Nazionale della Majella attraverso il Por Fesr
Abruzzo 2007 – 2013 “Valorizzazione dei territori di montagna” nonché della
Provincia di Isernia. Una scelta, quella della Regione Abruzzo, che conferma
una strada intrapresa da decenni che vede ormai il settanta per cento del suo
territorio destinato a parchi regionali e nazionali, a differenza del Molise
che sull’ambiente e sul turismo non ha mai puntato veramente a causa di scelte
politiche scellerate, imponderate, mai coraggiose e infine perdenti.
Lasciata la stazione di Isernia il treno
raggiunge località conosciute come Carpinone, Sessano, Pescolanciano,
Carovilli, Vastogirardi, San Pietro Avellana. Mete che tanti molisani conoscono
per le bellezze ambientali e per la bontà di formaggi, latticini e carni.
Purtroppo il treno pieno ed il riscaldamento producono una sorta di condensa
sui vetri della carrozza che non danno giustizia al paesaggio, in compenso la
socialità aumenta e si comincia a parlare, a confrontarsi con il proprio
vicino. Una simpatica signora di Roccamandolfi, ora pensionata, mi racconta
della sua infanzia su quella splendida montagna tra cavalli bradi, pastori,
raccolte inenarrabili di funghi porcini e di libertà che solo chi ha vissuto da
bambino nei nostri paesi ha potuto vivere. La sua militanza nella sinistra
isernina, i volantinaggi, la passione politica ora diventata disincanto e
lontananza.

Dinanzi alla stazione una vecchia
locomotiva a vapore ci ricorda di tempi andati e di coraggiosi ferrovieri,
macchinisti e operai che su treni scoperti alimentavano la caldaia con il carbone
con la forza delle braccia.

Link utili
Organizzazione e prenotazioni 327
5843233
Informazioni 366 5410667
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